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SAM FALLS

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Sam Falls (1984) vive e lavora a Los Angeles.
Tra le sue mostre personali istituzionali: CAPRI, Dusseldorf (2019), Hammer Museum, Los Angeles (2018), Museo d’Arte Moderna e Contemporaneo di Trento e Rovereto, Trento (2018), September Spring, The Kitchen, New York, Stati Uniti (2015); Ballroom Marfa, Marfa, Texas, Stati Uniti (2015); Fondazione Giuliani, Roma, Italia (2015); Zabludowicz Collection, Londra, Regno Unito (2014); Sam Falls: Light over Time, Public Art Fund, Brooklyn, New York, Stati Uniti (2014); Pomona College Museum of Art, Pomona, California, Stati Uniti (2014); LA><ART, Los Angeles, Stati Uniti (2013).
Tra le mostre collettive: Kunsthalle Helsinki, Helsinki, Finlandia (2016); Wasteland, Mona Bismarck American Center, Parigi, Francia (2016); Another Minimalism: Art after California Light and Space, Mead Gallery, University of Warwick (2016) e Fruitmarket Gallery, Edinburgo, Regno Unito (2015); Splitting Light, UB Art Gallery, University at Buffalo, New York, Stati Uniti (2015); Apparition: Frottage and Rubbings from 1985 to Now, Hammer Museum, in collaborazione con The Menil Collection, Houston, Los Angeles, Stati Uniti (2015); Per_formare una collezione#1, Museo MADRE, Napoli, Italia (2014); A different kind of Order: The ICP Triennial, International Center of Photography, New York, Stati Uniti (2013).

Il lavoro dell’artista è inoltre parte di alcune importanti collezioni, tra le quali: Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles; Museum of Contemporary Art Los Angeles, Los Angeles; The Institute of Contemporary Art, Boston; The Allbright Knox, Buffalo, New York; Zabludowicz Collection, Londra.

 

Untitled (Antinori) | Intervista con Sam Falls

La fascinazione subita dall’artista californiano Sam Falls  – nato a San Diego nel 1983 e di stanza a Los Angeles – nei confronti del paesaggio di cantine Antinori nel Chianti Classico, non pare scaturita, come si potrebbe pensare, dalla decisività dell’elemento solare.

Anzi, come ci racconta Ilaria Bonacossa, curatrice del progetto site-specif “Untitled (Antinori)” realizzato dall’artista per Antinori Art Project, è la “tenerezza del notturno” a generare i suoi monumentali frottage vegetali.
“Sam Falls – ci racconta Bonaccosa –  stende durante la notte delle tele tra le vigne cercando di cogliere la traccia delle foglie, degli animali e dei pigmenti stesi in maniera apparentemente randomica”.
Sorta di photogenic drawing impresso di mille colori, entità prossima all’ombra, alla traccia o all’impronta, l’opera di Falls restituisce nella delicatezza del pigmento il segno visibile di un passaggio al limite dell’impercettibile.

Distante dall’energia virile in qualche modo intrinseca alla Land Art americana – orientamento che l’artista ci descrive, sorridendo, come “macho” – Falls dimostra una discrezione nell’addentrarsi tra le vigne e nella bruma femminile, ludica, ambigua e trasparente. La tela raccoglie su di sé presenze minime e tiene memoria della loro essenza così che, nelle parole della curatrice, “ I fiori e le foglie di vite, esposti per cinque notti e durante un temporale, proteggono la tela dal pigmento, divenendo delle sorti di sindoni della natura”.

Elena Bordignon ha fatto alcune domande all’artista.

EB: Il lavoro che proponi per Antinori Art Project, “Untitled (Antinori)”, è fortemente legato al luogo, la cantina a Bargino. Mi racconti come è nato e quali aspetti hai considerato per la sua ideazione?

Sam Falls: Credo che Alessia Antinori abbia visto il mio lavoro per la prima volta all’Hammer Museum, mentre Ilaria Bonacossa alla Galleria Franco Noero, quindi ci siamo incontrati a Torino e sono stato invitato a immaginare un progetto. Sono stato quindi in Toscana e ho visitato la cantina per un sopralluogo e mi ha attratto particolarmente per via dell’attenzione alla natura, soprattutto sapendo che si sarebbe trattato di un progetto all’aperto, in cui poter lavorare completamente immerso nelle vigne e nelle piante che mi circondano. In seguito alla visita ho deciso che avrebbe potuto essere una buona idea realizzare un’opera di grandi dimensioni e che la vigna avrebbe potuto accogliere qualcosa come 5 metri di lunghezza. E così ho dato inizio a questo progetto.

EB: Il fattore temporale nella costruzione dell’opera è essenziale. Per molti versi, “Untitled (Antinori)” è stato realizzato dalla natura stessa: la pioggia, il sole, il vento… Ovviamente sono tutti aspetti che tu non puoi controllare, così come l’esito che hanno sull’opera. Che considerazioni hai del ‘caso’ in relazione al tuo lavoro?

SF: La mia relazione con il caos in qualche modo deriva dalla mia esperienza di bambino cresciuto in Vermont e Los Angeles: un luogo molto verde (il Vermont), con pioggia in estate e neve in inverno, in contrapposizione a Los Angeles che è un deserto. Da ragazzo, come figlio unico, ho trascorso molto tempo da solo nelle foreste,  così come nel deserto. Ho sviluppato una relazione molto famigliare con la natura. Mentre lavoravo con il sole, ricordo che ero sempre alla ricerca di abiti o cose perdute tra gli alberi o sulle rocce sbiancate dal sole. È così che, in seguito, quando studiavo fotografia, ho iniziato a lavorare con la luce naturale. Dall’altro lato, lavorare con la pioggia implica una previsione, naturalmente tramite i meteorologi che sanno cosa sta per accadere, e poi c’è il pigmento. Ho lavorato abbastanza con i pigmenti e so già cosa accadrà sulla tela. Se piove molto, i pigmenti in qualche modo sono come slavati e si ottiene un colore più intenso, ma se piove giusto un poco o se non piove affatto e c’è solo l’umidità della notte, come la rugiada, allora si avrà un’immagine più nitida. Quindi, a realizzare l’opera, siamo in due: io e la natura. La mia relazione con essa è basata sull’esperienza, così come la mia relazione con l’arte, insieme si crea una sintonia. Cerco di contenere l’apporto del caso più attraverso la previsione, con l’umidità in particolare, per cui so sempre quando piove così tanto al punto tale da non eliminare l’immagine.

EB: L’opera può essere considerata come “un poetico ritratto dell’ambiente”, ma anche un’azione che ricorda gli interventi ambientalisti degli artisti della Land Art. Come collochi la tua ricerca in relazione a questo movimento?

SF:  Beh, ci ho pensato molto e la mia riflessione sulla Land Art è molto articolata. La ammiro, ma penso anche che appartenga a un periodo storico che precede il nostro coinvolgimento nei confronti dei problemi legati all’ambiente. Penso che in questo momento sia necessario tenere maggiormente in considerazione la natura…per cui, se la Land Art è stata come costruire una nuova città, la mia relazione con la natura e l’arte è più simile al campeggiare: quando esco per lavorare, sono nella natura, sono ispirato dalla natura, lavoro con essa ma tutto il resto lo prendo e me lo riporto via con me. Le altre forme d’arte sono come prendere in affitto un appartamento in città, dipingere in studio, se è chiaro quello che intendo dire…
Inoltre, dal mio punto di vista, la Land Art è stata un gesto mascolino, molto assertivo, machista, io invece voglio essere più sensibile verso la natura, olistico, non dico necessariamente femminile, ma solo più ‘naturale’.