Elisabetta Benassi è un’artista poliedrica che indaga, attraverso una rigorosa ricerca, le storie dei luoghi e delle persone creando installazioni, opere su carta, fotografie, sculture e video. Erede della tradizione concettuale realizza opere poetiche e suggestive presentate con un linguaggio formalmente rigoroso e insieme sottilmente ironico dando vita a inaspettate performance interpretate in prima persona. “I miei lavori nascono dalla relazione con un luogo, con la sua storia. Non ho un materiale prediletto. Mi interessa creare dei cortocircuiti spazio-temporali nei quali il presente si rivela un residuo, un’impronta di un passato o di un futuro che credevamo di aver archiviato e che invece ritorna. Guardare le cose una seconda volta, guardarle in controluce, metterne in luce la struttura nascosta…” racconta Elisabetta Benassi.
Per Antinori Art Project, Elisabetta rivolge la sua attenzione alla storia della famiglia Antinori, producendo un grande tappeto La fanciulla del West, 2023 in cui viene trasposto il telegramma che il grande compositore Giacomo Puccini inviò al Marchese Piero Antinori nel 1910, in occasione della Prima di questa opera lirica alla Metropolitan Opera di New York e che racconta del grande successo sotto la bacchetta di Arturo Toscanini.
Il telegramma originale è custodito dalla famiglia, assieme ad un corposo carteggio, a testimonianza di un’amicizia storica che vide intrecciarsi la storia di questo nobile casato a quella della cultura italiana. Nelle parole dell’artista: “Ho realizzato una serie di tappeti partendo da alcuni telegrammi che nel corso degli anni (dal 2009 a oggi) ho trovato. Tra questi l’ultimo nell’Archivio Antinori. Spedito da Puccini da NY a Firenze annuncia il trionfo de La Fanciulla del West. È noto che pianoforte e grilletto fossero le grandi passioni di Puccini. Probabilmente i lunghi agguati solitari in attesa di avvistare le prede, le ore passate in solitudine nella campagna toscana sono stati il perfetto contesto per elaborare le fantasie creative di Puccini. Torre del Lago era il luogo speciale nel quale il compositore desiderava rintanarsi e tornare dopo le sue tournée in giro per il mondo; così come la Maremma, dove fu ospite habitué a Bolgheri, dagli amici Piero Antinori e Giuseppe della Gherardesca, anch’essi cacciatori. Mi piace pensare che da questi luoghi, simili a quelli in cui sorge la cantina Antinori nel Chianti Classico, sia nata l’ispirazione per questa opera lirica. Oggi quel telegramma diventa un grande tappeto, un oggetto quotidiano, un segno trasmesso dalle moderne utopie del ‘900 alla nostra epoca; una sorta di “macchina” del tempo, un ponte che collega il passato al presente”.
Affascina la bellezza della parola scritta trasposta in questo tappeto annodato a mano a Katmandu, così come la sua capacità di catturare l’energia di un’amicizia e la possibilità di comunicare al di là dell’oceano. Questo telegramma non è una fredda comunicazione transoceanica, ma la testimonianza di un legame che l’artista reinventa innescando un nuovo scambio capace di riattivare una storia del passato nella contemporaneità.